sabato 26 marzo 2011

Assieme ai gentili un «cortile» aperto sull’umanesimo (Fazzini)

Assieme ai gentili un «cortile» aperto sull’umanesimo

Alla Sorbona, emblema della «Cité des Lumières» ed epicentro del Sessantotto, ritorna il dialogo tra cristianesimo e mondo moderno

DA PARIGI LORENZO FAZZINI

Dalle aule d’accademia alla piazza della metropoli; dal cortile 'chiuso' a quello 'aperto', tra turisti incuriositi e giovani in festa in mezzo a teatro, giochi di luce, musica. Ma anche al silenzio dei monaci di Taizé, alternato a quelle preghiere cantate che avevano conquistato anche un 'gentile' d’eccezione, quel François Mitterrand, presidente della République, assiduo frequentatore (in privato) della comunità di frére Roger. Secondo e ultimo giorno del Cortile dei gentili nella città della fede in dialogo con la ragione, di san Tommaso d’Aquino, filosofo alla Sorbona, e di Voltaire, propugnatore dell’Illuminismo.
Parigi non tradisce le attese: tra la Sorbona, l’Institut de France e il Collège des Bernardins è andato in scena il primo tentativo – ben riuscito – di quella che il compianto cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger, suggeriva con queste parole, riferite dal rettore della Sorbona Patrick Gerard : «Ogni ricerca deve andare più lontano nel cercare la verità». Interrogarsi, dunque, più che rispondere. Questa la prospettiva che Jean-Luc Marion , filosofo di vaglia, ha suggerito in apertura di mattinata alla Sorbona: «Le domande ereditate dalla filosofia moderna non fanno più la differenza. L’impegno a porre questioni ci può unire di più rispetto alle risposte, che arrivano già morte perché fornite ad interrogativi mai veramente posti». Il cardinale Gianfranco Ravasi annuisce. E rilancia l’immagine di una Chiesa aperta, in ascolto, lontana dall’oscurantismo evocato da un certo ateismo: «Due i termini fondamentali di questi nostri incontri: la ricerca, perché – come diceva Socrate – senza di essa la vita non è degna di essere vissuta. E il dialogo, cioè l’utilizzo condiviso della ragione».
Axel Kahn, genetista di fama mondiale, presidente dell’università Paris-Descartes, ha provato a lanciare uno di questi inediti interrogativi: «L’uomo, diceva Michel Foucault, è un animale di verità. Ma come possiamo continuare a vivere quando abbiamo la certezza che noi, uomini, non saremmo più?». Ha suggerito una risposta una pensatrice laica, che però vuole rivalutare l’eredità religiosa, in primis quella cristiana: Julia Kristeva. È stata lei a rievocare l’auspicio del grande teologo gesuita Henri De Lubac, avanzato tra le barricate del Sessantotto parigino, per un dialogo tra la modernità e il cristianesimo antico. La linguista franco-bulgara ha abbozzato tre figure di quell’umanesimo che può accomunare credenti e laici: Erasmo da Rotterdam, i filosofi francesi dell’Ottocento e Sigmund Freud.
«Cerchiamo un nuovo umanesimo dopo quello critico e analitico. L’economia, la finanza, il mercato vogliono cancellare lo spazio soggettivo. Questo nuovo umanismo deve essere capace di ascoltare il singolo. La tecnologia causa la sparizione dello spazio interiore, per questo va recuperato una sorta di corpus misticum del genere umano». Kristeva avanza un’ipotesi: «La teoria del 'Multiverso', una metafora che prendo dall’astronomia, per indicare la pluralità del mondo». Importante, secondo l’intellettuale dell’Est 'adottata' in Francia, rifiutare «ogni caricatura dell’umanesimo cristiano». E valorizzare il ruolo della donna: «Non ci sarà un nuovo umanesimo senza l’apporto femminile».
Insomma, in riva alla Senna tornano d’attualità le disputatio che san Tommaso aveva praticato proprio alla Sorbona come via per la verità. Il nome del Dottore Angelico torna spesso, sia negli interventi cristiani che in quelli 'laici', come il gran cancelliere dell’Institut de France, Gabriel de Broglie. Il quale omaggia ben due volte il 'nostro confratello', quel Joseph Ratzinger dal 1992 membro dell’Académie française: «Della sua visita in Francia abbiamo un ricordo profondo». Anche perché, evidenzia
Pierre Cahne , rettore dell’Institut Catholique de Paris, «la demarcazione tra credenti e non credenti, sebbene esista a livello sociale, non è di carattere spirituale: siamo tutti uniti dalle domande dell’uomo». Allora gli interrogativi iniziano a farsi brucianti: l’economia, il diritto, l’arte, temi sui quali all’Institut de France, 'tempio' della cultura laica d’Oltrealpe, chi crede e chi non ha fede iniziano a cercare percorsi comuni.
Ambito favorevole è la questione economica, alla luce della recente crisi finanziaria: «L’economia, nei suoi ambiti di libero mercato, efficacia, libero scambio e proprietà, ha una sua moralità» rimarca Jean-Claude Casanova, fondatore (con Raymond Aron) della rivista 'Commentaire'.
E l’imprenditore Bertrand Collomb rilancia l’idea di una sorta di 'giuramento di Ippocrate' per gli addetti alla finanza, un codice etico «già varato all’università di Harvard e che ha raccolto già quattro mila adesioni. Al centro, il rispetto dell’etica». Altro che le proposte del Nobel Thomas Friedman il quale, rimarca Collomb, «sostiene che gli uomini di impresa devono interessarsi solamente di ottimizzare i profitti!».
Da dove proseguire questo percorso parigino? «La sfida della ricerca comune è il senso – conclude al Collège de Bernardins il priore di Bose Enzo Bianchi –. Va trovata una grammatica umana che unisca credenti e non credenti. La crisi della fede è crisi della fiducia, non solo in Dio ma anche nell’umanità, negli altri, nelle storie d’amore».

© Copyright Avvenire, 26 marzo 2011

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