giovedì 24 marzo 2011

Come Carter, Obama ha dato prova di debolezza e titubanza di­sastrose. Coniugando tali 'doti' con una notevole prosopopea retorica ha raggiunto livelli comici (Giorgio Israel)

Leggiamo e poi commentiamo questo articolo del prof. Israel che personalmente condivido in pieno:

Basta una crisi a mostrare che Obama è peggio di Carter

di Giorgio Israel

Debolezza e indecisione: il presidente sembra non avere una strategia per il futuro. E gli alleati precipitano nel caos. Il leader Usa prima dice che Gheddafi se ne deve andare, poi che non bisogna usare la forza

La domanda da porsi è se il peg­g­ior Presidente degli Stati Uniti del do­poguerra sia stato Jimmy Carter o Ba­rack Obama. Come Carter, Obama ha dato prova di debolezza e titubanza di­sastrose. Coniugando tali 'doti' con una notevole prosopopea retorica ha raggiunto livelli comici, per esempio nel celebre discorso del Cairo dove, con tono da salvatore dell'umanità, propose castronerie come l'attribuzio­ne all'isla­m della scoperta della polve­re da sparo e della stampa. Tanto gene­rose concessioni sarebbero state per­don­abili se accompagnate da un atteg­giamento equanime e moralmente ri­goroso. E invece no. Non si è udita la voce di Obama a proposito della scan­dalosa presenza di stati canaglia nel Consiglio dei diritti umani dell'ONU; né si è udita in occasione delle innume­revoli minacce iraniane di distruggere Israele. Neppure egli è intervenuto in modo deciso in occasione della feroce repressione dei moti popolari in Iran. Dietro un confuso farfugliare e una mediocre realpolitik non è emersa al­cuna strategia. Però, quando si sono scatenati i moti in Egitto, Tunisia e Li­bia, Obama si è svegliato assumendo toni da capopopolo dell'islam. Ha chiesto perentoriamente l'avvento della democrazia, ha intimato all'allea­to (fino a poche ore prima) Mubarak di farsi da parte. Se l'idea di Bush di im­piantare la democrazia in paesi che non l'hanno mai conosciuta poteva es­sere avventata, pensare che l'avvento della democrazia possa essere garant­i­to dal gioco dei movimenti spontanei, in ambiti in cui l'unica forza organizza­ta è quella dell'integralismo islamico, è avventurismo puro. Il 1˚ marzo, in un atto di ipocrisia collettiva la Libia è stata espulsa dal Consiglio dei diritti umani, come se fino al 28 febbraio avesse avuto le credenziali per farne parte e come se molti altri stati mem­bri non meritassero lo stesso tratta­mento.
Ora Obama, mentre indossa ideal­mente un basco alla Che Guevara, da un lato dice che Gheddafi se ne deve andare, dall'altro che non deve essere mandato via con la forza. Egli parteci­pa a­ll'intervento armato purché si limi­ti a qualche sculacciata. Questi impul­si contraddittori hanno aggravato la cronica incapacità decisionale dei pae­si europei ormai in piena confusione di orientamento e di coordinamento. Non è chiaro fino a che punto e per quanto tempo gli USA vogliano anda­re avanti. Si interviene senza che sia chiarito il fine e senza elementi per decidere se il movimento ribelle può­ rappresentare una svolta positiva o far precipitare la Libia dalla padella nella bra­ce. Al confronto la guerra irakena di Bush rappresenta un modello di chia­rezza di obbiettivi e di coerenza dei mezzi impiegati. Eppure ormai la scomparsa di Gheddafi dalla scena è una necessità indiscutibile: l'idea che il raìs resti in sella, anche come interlo­cutore dimezzato ma pieno di rancori, configura uno scenario da brividi. Ma proprio circa la possibilità di consegui­re questo obbiettivo nascono le più grandi perplessità.
L'unica cosa chiara è che tutti - e non solo l'Italia che non può per i pre­cedenti storici - escludono l'interven­to di terra. Ma non occorre essere von Clausewitz per sapere che nessuna guerra può concludersi senza una defi­nizione della situazione sul terreno, pena il prodursi di uno stato endemi­c­o di conflitto di lunga durata con con­seguenze devastanti, in particolare per il nostro paese che pagherebbe un prezzo ingiusto, come se l'acquiescen­za nei confronti di crudeli dittature non fosse stata (e non fosse) una prassi comune a tutti i paesi occidentali.
In questo panorama desolante di cri­si dell'occidente, aggravata dall'impa­sto di­demagogia e debolezza della pre­sidenza americana, si staglia il proble­ma energetico reso evidente dal dram­ma giapponese. Sono quarant'anni che l'occidente elude la sfida di mobili­tare la propria supremazia tecnologi­ca per rendersi indipendente dal pe­trolio. Anche se la vicenda giapponese impone un esame delle condizioni di massima sicurezza nella costruzione di nuove centrali, non è sensato com­­portarsi in modo irrazionale. Perche non si parla dei danni colossali, anche in termini di salute, provocati da inci­denti legati al petrolio come il disastro nel Golfo del Messico o l'inquinamen­to da idrocarburi? Ma c'è di peggio. La dipendenza dal petrolio ha contribui­to a cr­eare classi dirigenti islamiche ag­gressive, come quella iraniana, e a fi­nanziare un terrorismo attivissimo, co­me dimostra l'attentato di ieri a Geru­salemme. Il petrolio ha comprato mez­za Europa e parte degli Stati Uniti. Le celebri università inglesi si sono ridot­te a centrali di propaganda antiocci­dentale, e in alcuni paesi europei le regole della democrazia li­be­rale si adattano a convi­vere con quelle della sharia. La dipendenza dal petrolio è ormai causa ed effetto di questi processi dram­matici. Ci si chiede quando verranno alla ribalta classi politiche capaci di guardare oltre la punta del naso e di gestire con decisione, lungimiranza e co­niugando dignitosamente realismo e senso morale, un'evoluzione che può avere conseguenze epocali presto per l'Europa e poi per gli Usa.

© Copyright Il Giornale, 24 marzo 2011

Quando Obama fu eletto mi sembrava di essere una mosca bianca: tutti contenti, tutti felici, tutti entusiasti. Sembrava di essere davanti ad un nuovo "Messia". Io pero' non ero convinta. C'era qualcosa che non mi quadrava. Il fatto e' che Obama era stato troppo "pompato" dai mass media per i miei gusti. La sua immagine, riproposta in tutte le salse, sovrastava cio' che aveva da dire e questo gia' prima dell'elezione non mi piaceva affatto.
Purtroppo, a quasi tre anni di presidenza, i miei timori hanno trovato conferma ed il prof. Israel ha espresso perfettamente il mio pensiero.
Obama non vuole scontentare nessuno. Questo e' il suo grande, grandissimo, limite. Non vuole scontentare i media (soprattutto), gli Americani, gli Europei, i Musulmani e chi piu' ne ha piu' ne metta. Mi dispiace per lui ma non si governa con il consenso e il plauso di tutti.
Quella di Obama e' una grande lezione anche per noi. Non dobbiamo mai farci foderare gli occhi di prosciutto. Sono i fatti che contano, non i discorsi retorici. Sono i messaggi che hanno importanza, non l'immagine di chi li veicola. Per questo non mi piace lo spot su Sky a proposito dei dibattiti televisivi fra i leaders politici. La vittoria di Reagan, Kennedy e Lula viene presentata come grande strategia comunicativa. Il messaggio e' sbagliato. Conta cio' che fa un Presidente non come si presenta al pubblico.
Io spero che la presidenza di Obama, paladino mediatico, insegni molto, a molti!

R.

17 commenti:

laura ha detto...

Ricorda che dopo neppure un anno di presidenza gli assegnarono il premio Nobel per la pace!!! personalmente, miè sempre sembrato un gran "pallonaro": tante parole e pochi fatti e tanti compromessi, come fai notare tu, giustamente

leo ha detto...

non ho capito... giorgio israel è il vangelo?
adesso io cerco un articolo che parla bene di obama e poi chioso: "vedete? l'avevo detto io!"

Raffaella ha detto...

Io a volte non comprendo certi commenti, ma deve essere colpa mia.
R.

leo ha detto...

hai trovato un articolo che è affine alle tue idee e lo fai passare come la prova provata che avevi ragione.

sonny ha detto...

Ciao Raffaella. Siccome anche la sottoscritta, a volte, non comprende certi commenti, evidentemente io e te abbiamo un problema. Francamente sono sempre stata scettica nei riguardi di Obama e penso che non siamo le uniche persone al mondo. Diffido sempre dai fenomeni troppo mediaticizzati e spero veramente che dopo il fumo si incominci a vedere l'arrosto. Fermo restando che ognuno la pensa come vuole...

Per Leo:
E' vero, forse Raffaella ha trovato un'articolo che rispetta la sua opinione. E allora? Ha semplicemente trovato la classica mosca bianca, visto e considerato l'atteggiamento quasi genuflesso di tutti i media "che contano" verso il Nuovo Messia made in Hawai. Non ci trovo niente di scandaloso, in fondo il blog lo gestisce Raffaella. Ti saluto cordialmente.

gemma ha detto...

credo lo abbia messo perchè lo condivide, non perchè sia il vangelo e comunque sarà mica un'intoccabile Obama? Cominciamo ad essere in tanti a porci dei dubbi su di lui, anche tra chi non amava Bush
E in fondo, ognuno nel suo blog mette ciò che condivide mi pare, o no? Altri poi diranno che non sono d'accordo

Anonimo ha detto...

Comunque, ora una conferma l'abbiamo: Obama non è un Giuliano Felsenburgh bensì un due di coppe, il signor nobel preventivo per la pace preventivo :-))))

Anonimo ha detto...

OT
Magister accusa il Vaticano di neghittosità riguardo la situazione libica.
Io ritengo non sia compito del Vaticano intervenire in queste faccende. Quasi tutte le volte che in questi anni lo ha fatto, eccetto che per l'Iraq, ha rischiato di combinare disastri, vedi la questione ruandese. Il Papa ha esortato alla pace e alla concordia senza esprimere giudizi sull'attacco che, comunque, non possono che essere negativi
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1347201
Alessia

Alice ha detto...

Si ma quando un Papa ritiene che la guerra sia ingiusta lo dice chiaramente.
Non si tratta di intervenire o meno. Bho a me Domenica è sembrato che Benedetto non abbia espresso condanne e l'ho anche rimarcato perché mi ha colpito.

Alice ha detto...

Il Papa, la Libia e gli interventisti

http://www.ilfoglio.it/cambidistagione/623

Alice ha detto...

I cattolici e la Libia


http://www.ilfoglio.it/cambidistagione/621

Alice ha detto...

C'è anche un post di Fides et forma che rimpiange i "toccanti interventi" di Giovanni Paolo II.

http://fidesetforma.blogspot.com/2011/03/chiesa-cattolica-sulla-guerra-libica-se.html

a. ha detto...

mi raccomando non cediamo alle provocazioni.

anonimo della boemia ha detto...

avete per caso sentito al tg5 la grande notizia di obama rimasto chiuso fuori dallo studio ovale?
con tutti i problemi che ci sono si è persa l'occasione per mandare una vera notizia.

Raffaella ha detto...

aaaahhahahaahhahaha si' :-))
Un notizione!!!
R.

Alice ha detto...

Comunque questa guerra mi pare cambiare ancora una volta gli equilibri. Stasera in un sito frequentato da rifondaroli e radicali (dove l'anno scorso discutevo sullo scandalo pedofilia!!) ho visto citato Massimo Introvigne, perché paradossalmente i ruoli si sono ribaltati e gli estremisti (pacifisti ideologici alla Gino Strada) di sinistra si rifanno alla destra superando il Pd.
Onestamente l'anno scorso Introvigne l'avrebbero fatto a fette, mi pare di aver visto tutto con questo.
Chi ci capisce è bravo.

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella condivido in pieno il tuo commento e le parole del prof. Israel. Io da priam che venisse eletto ho espresso queste mie perplessità e la sua incapacità a prendere delle posizioni nette. Purtroppo i media hanno ancora creato un personaggio sconfessato dalla prova dei fatti.