giovedì 17 marzo 2011

I Papi e l'Italia, un vincolo di affetti e cooperazione a servizio del bene integrale della persona (Radio Vaticana)

I Papi e l'Italia, un vincolo di affetti e cooperazione a servizio del bene integrale della persona

Roma e le città italiane sono avvolte oggi dal Tricolore. Con grande solennità, le massime autorità istituzionali, nazionali e locali, celebrano il 150.mo dell’unità nazionale, raggiunta il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia. In questa circostanza, molta eco ha suscitato il Messaggio inviato ieri da Benedetto XVI al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Un Messaggio che conferma il particolare vincolo di affetto che ogni Pontefice ha sempre nutrito nei confronti della nazione italiana, sulla base dei nuovi assetti nei rapporti Stato-Chiesa ridisegnati dai Patti Lateranensi del 1929. Nel servizio, Alessandro De Carolis ritorna sul contenuto del Messaggio e su alcune analoghe affermazioni rese da Benedetto XVI durante la sua ultima visita al Quirinale nel 2008:

Lo dice la storia degli ultimi 70 anni: tornare in visita nella “loro” vecchia sede sul colle del Quirinale suggerisce ai Papi parole di grande affetto verso l’Italia e gli italiani. Tra quelle mura – che per trecento anni furono la residenza estiva dei Pontefici, e che dal 1946 sono la residenza del presidente della Repubblica italiana – si rinnova ogni volta il vincolo di una vicinanza che non ha eguali, nel quadro dei rapporti Stato-Chiesa, in nessuna nazione del mondo. L’ultimo a fare questa esperienza, due anni e mezzo fa, è stato Benedetto XVI. Il 4 ottobre 2008, di fronte al presidente Giorgio Napolitano, afferma:

“Il Quirinale e il Vaticano non sono colli che si ignorano o si fronteggiano astiosamente; sono piuttosto luoghi che simboleggiano il vicendevole rispetto della sovranità dello Stato e della Chiesa, pronti a cooperare insieme per promuovere e servire il bene integrale della persona umana e il pacifico svolgimento della convivenza sociale”.

Un’intesa riconosciuta dal Papa del 21.mo secolo con accenti quasi identici del Papa che per primo, dieci anni dopo la Conciliazione del ‘29, fece il passo di tornare al Quirinale. Le passioni e i conflitti della “Questione Romana” erano in fondo cosa di ieri, ma non per Pio XII, il quale – ricorda Benedetto XVI – espresse, con lo stile dell’epoca, un’identica convinzione. È il 28 dicembre 1939:

“Il Vaticano e il Quirinale, che il Tevere divide, sono riuniti dal vincolo della pace coi ricordi della religione dei padri e degli avi. Le onde tiberine hanno travolto e sepolto nei gorghi del Tirreno i torbidi flutti del passato e fatto rifiorire le sue sponde dei rami d’olivo".

“La religione dei padri e degli avi”: ecco l’innegabile radice dell’Italia. “L’identità nazionale degli italiani così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica”, scrive Benedetto XVI nel Messaggio inviato ieri al presidente Napolitano. “In definitiva – osserva con franchezza - la Conciliazione doveva avvenire fra le Istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto”. La dimostrazione di quanto inestricabili siano i valori cristiani con la cultura italiana, al di là dei relativismi di volta in volta preminenti, la offre Giovanni Paolo II. È il 4 ottobre 1985 e Papa Wojtyla, anch’egli in visita al Quirinale, individua nel Patrono, Francesco di Assisi, un tratto fra i più profondi dell’“italianità”:

"In un tempo in cui l’affermarsi dei liberi Comuni andava suscitando fermenti di rinnovamento sociale, economico e politico, che sommuovevano dalle fondamenta il vecchio mondo feudale, - continuava Papa Wojtyła - Francesco seppe elevarsi tra le fazioni in lotta, predicando il Vangelo della pace e dell’amore, in piena fedeltà alla Chiesa di cui si sentiva figlio, e in totale adesione al popolo, di cui si riconosceva parte".

Ancora un 4 ottobre e ancora un Papa che parla dell’Italia e all’Italia con un affetto che sembra quasi poesia. È il 1962 e lo scenario non è il Quirinale, ma la città di Assisi. A parlare è Giovanni XXIII e le sue sono le stesse parole scelte da Benedetto XVI per concludere la visita al Quirinale del 2008. Un modo, bello e intenso, per ribadire il primato di Roma e di una nazione che da sempre accoglie il cuore della Chiesa:

"Tu, Italia diletta, alle cui sponde venne a fermarsi la barca di Pietro - e per questo motivo, primieramente, da tutti i lidi vengono a te, che sai accoglierle con sommo rispetto e amore, le genti tutte dell'universo - possa tu custodire il testamento sacro, che ti impegna in faccia al cielo e alla terra". Iddio protegga e benedica l’Italia e tutti i suoi abitanti!

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