venerdì 11 marzo 2011

Il Papa: Senza la risurrezione Gesù resterebbe una figura nobile e grande, ma «fallita» sotto il profilo religioso (Valli)

Il papa teologo e detective

Aldo Maria Valli

Sulla copertina di Gesù di Nazaret ci sono tutti e due i nomi dell’autore: Joseph Ratzinger e Benedetto XVI. Il secondo in un carattere un po’ più grande, ma non troppo. Vuol dire che il papa ha scritto in quanto papa ma anche in quanto teologo e in quanto cristiano. In questo caso, quindi, nessun ricorso all’infallibilità. Anzi, il papa stesso ha detto che ringrazierà chi gli farà notare eventuali errori e limiti del suo lavoro.
Il libro si occupa della vita di Gesù dall’ingresso a Gerusalemme alla risurrezione e si propone come un aiuto per tutti coloro che «vogliono incontrare Gesù e credergli». La precisazione è importante. Non solo conoscere Gesù, non solo acquisire alcune nozioni sul suo conto, ma incontrarlo, farlo cioè diventare parte della propria vita. E credergli in quanto figlio di Dio mandato per la nostra salvezza.
È in questa prospettiva che assume particolare rilevanza la parte dedicata alla risurrezione, dove il papa dice senza mezzi termini che se la si elimina dalla storia di Gesù il cristianesimo può restare un insieme di buone idee sull’uomo e sul suo essere, ma la fede cristiana «è morta».
Senza la risurrezione Gesù resterebbe una figura nobile e grande, ma «fallita» sotto il profilo religioso. E il cristiano non entrerebbe in una dimensione totalmente nuova ma avrebbe a disposizione semplicemente l’ennesima filosofia. «Se Gesù sia soltanto esistito nel passato o invece esista anche nel presente ciò dipende della risurrezione. Nel sì o no a questo interrogativo non ci si pronuncia su di un singolo avvenimento accanto ad altri, ma sulla figura di Gesù come tale». È per questo che Ratzinger si spinge a indagare con particolare puntigliosità sull’ultimo atto.
Che cosa è veramente successo lì? I primi discepoli restarono sconcertati. Che cosa voleva dire risorgere? È la nostra stessa perplessità, di fronte alla quale il papa è categorico. Nel caso di Gesù non si tratta del ritorno in vita di un morto. Se così fosse, non sarebbe neanche una cosa nuova, visto che nei Vangeli si narra di almeno altre tre persone (il giovane di Nain, la figlia di Giairo e Lazzaro) tornate in vita dopo la morte.
No, nella risurrezione di Gesù è avvenuto qualcosa di «totalmente diverso».
Lazzaro e gli altri, pur riportati in vita, a un certo punto sono morti definitivamente. Con Gesù invece abbiamo «l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò, una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini».
Benedetto XVI, come sempre quando affronta questioni che ritiene decisive, ritorna nei panni del professore e pone lui stesso le domande che potrebbero arrivargli dai lettori. Sulla risurrezione di Cristo ci sono le testimonianze: i discepoli, pur confusi e non in grado di capire tutto quello che stava succedendo, hanno lasciato un racconto arrivato fino a noi.
«Ma può veramente essere stato così? Possiamo noi, soprattutto in quanto persone moderne, dar credito a testimonianze del genere?». In base a una visione scientifica del mondo la risposta è no. Ma a questo punto il papa contesta che la visione scientifica del mondo possa essere ritenuta l’unica visione attendibile. «Non può esserci la cosa inaspettata, inimmaginabile, la cosa nuova?». Il credente si apre a questa dimensione nuova e la risurrezione di Cristo fa da cartina di tornasole della sua fede. A tratti il procedere di Benedetto XVI è quasi da detective, come quando si interroga sul sepolcro di Gesù. La tomba vuota, di per sé, non dimostra la risurrezione, ma resta un presupposto necessario per la fede nella risurrezione, perché quando parliamo di risurrezione parliamo non di uno spirito o di un fantasma, ma proprio del corpo. «E il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture».
I cattolici recitano così nel Credo. Ma che cosa dicono le Scritture? Dicono che Cristo non avrebbe subito la corruzione, ovvero la decomposizione del corpo. Dunque, spiega il papa, per vincere veramente la morte occorre non subire il processo di corruzione del corpo. Ed ecco perché, dice ancora, le moderne «speculazioni teologiche » secondo cui la corruzione del corpo di Gesù e la sua risurrezione sarebbero compatibili l’una con l’altra sono «in chiaro contrasto con la visione biblica».
Il papa procede così in tutto il libro. Un po’ cronista, un po’ investigatore e un po’ teologo, Ratzinger si muove sul doppio terreno della ragione e della fede cercando di mettere in comunicazione i due universi. Abbattere le frontiere troppo rigide tra ermeneutica della fede e ragione storica è il suo metodo e il suo obiettivo.
Benedetto ci introduce nell’et et cristiano. Si respira con due polmoni. Operazione apparentemente naturale e invece non facile in una cultura dualista come la nostra, nella quale fatichiamo a unire la terra e il cielo e cadiamo facilmente negli opposti del materialismo e dello spiritualismo.

© Copyright Europa, 11 marzo 2011 consultabile online anche qui.

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