mercoledì 2 marzo 2011

Libro su Gesù, il Papa: la politica non può fare a meno della verità. La miope ragion di stato prevalse sull'innocenza di Gesù (Izzo)

LIBRO PAPA: LA POLITICA NON PUO' FARE A MENO DELLA VERITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 mar.

Nel racconto evangelico "il pragmatico Pilato" chiede a Gesu': "Che cos'e' la verita'?".
E' la stessa domanda, afferma Benedetto XVI nella seconda parte del Gesu' di Nazaret, "che pone anche la moderna dottrina dello Stato: puo' la politica assumere la verita' come categoria per la sua struttura? O deve lasciare la verita', come dimensione inaccessibile, alla soggettivita' e invece cercare di riuscire a stabilire la pace e la giustizia con gli strumenti disponibili nell'ambito del potere?
Vista l'impossibilita' di un consenso sulla verita', la politica puntando su di essa non si rende forse strumento di certe tradizioni che, in realta', non sono che forme di conservazione del potere?".
"Ma, dall'altra parte -continua il Papa- che cosa succede se la verita' non conta nulla? Quale giustizia allora sara' possibile? Non devono forse esserci criteri comuni che garantiscano veramente la giustizia per tutti - criteri sottratti all'arbitrarieta' delle opinioni mutevoli ed alle concentrazioni del potere? Non e' forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtu' della menzogna ideologica e che soltanto la verita' pote' portare la liberazione?".

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LIBRO PAPA: SU INNOCENZA GESU' PREVALSE MIOPE RAGION DI STATO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 mar.

"Come prefetto, Pilato rappresentava il diritto romano" e "la forza di Roma era il suo sistema giuridico, l'ordine giuridico, sul quale gli uomini potevano contare".
Una responsabilita' pesante che condiziono' forse la sua decisione di far crocifiggere Gesu': Pilato infatti, ricorda Benedetto XVI nella seconda parte di "Gesu' di Nazaret", certamente "conosceva la verita'" - e cioe' che Cristo "non e' un rivoluzionario politico" dunque "il suo messaggio e il suo comportamento non costituiscono un pericolo per il dominio romano" - ma "alla fine vinse in lui l'interpretazione pragmatica del diritto: piu' importante della verita' del caso e' la forza pacificante del diritto, questo fu forse il suo pensiero e cosi' si giustifico' davanti a se stesso". "Un'assoluzione dell'innocente - scrive ancora Ratzinger - poteva recare danno non solo a lui personalmente, il timore per questo fu certamente un motivo determinante per il suo agire, ma poteva anche provocare ulteriori dispiaceri e disordini che, proprio nei giorni della Pasqua, erano da evitare. La pace fu in questo caso per lui piu' importante della giustizia". Dunque, continua il Papa, "doveva passare in seconda linea non soltanto la grande ed inaccessibile verita', ma anche quella concreta del caso: credette di adempiere in questo modo il vero senso del diritto - la sua funzione pacificatrice. Cosi' forse calmo' la sua coscienza. Per il momento tutto sembro' andar bene. Gerusalemme rimase tranquilla. Il fatto, pero', che la pace, in ultima analisi, non puo' essere stabilita contro la verita' - osserva Bendetto XVI riferendosi alla successiva caduta dell'Impero Romano - doveva manifestarsi piu' tardi". Nel libro, che sara' presentato il 10 marzo, il Papa ipotizza anche che "Pilato abbia provato anche un certo timore superstizioso di fronte a questa figura strana". "Pilato - ricorda - era uno scettico". "Che cosa deve pensare del concetto di regalita' espresso da Gesu'?", si chiede Ratzinger, che aggiunge: "che cosa dobbiamo pensare noi di tale concetto di regno e di regalita'? E' una cosa irreale, una fantasticheria della quale ci si puo' disinteressare? O forse in qualche modo ci riguarda?". E ancora: "Gesu' non ha niente a che fare con la politica?".

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