sabato 12 marzo 2011

Va rifatto il tessuto cristiano dell'Occidente. Riflessione di Mons. Rino Fisichella (O.R.)

L'arcivescovo presidente sui compiti del dicastero per la nuova evangelizzazione

Va rifatto il tessuto cristiano dell'Occidente

Gli orizzonti storici, epistemologici e pastorali della nuova evangelizzazione sono allo studio nella due giorni -- in corso dall'11 al 12 marzo -- organizzata dal nuovo Pontificio Consiglio istituito da Benedetto XVI lo scorso 21 settembre. All'introduzione dell'arcivescovo presidente del dicastero -- che pubblichiamo di seguito -- seguono le relazioni dei professori Elio Guerriero, storico e responsabile della «Rivista Internazionale Communio», Thomas Söding, docente di esegesi neotestamentaria alla Ruhr-Universität di Bochum, e Xavier Morlans Molina, docente di teologia fondamentale presso la Facultat de Teologia de Catalunya a Barcellona.

di Rino Fisichella

Con la Lettera Apostolica Ubicumque et semper, lo scorso 21 settembre Benedetto XVI ha istituito questo Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione con lo scopo di «Offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione. Essa fa riferimento soprattutto alle Chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione diversi». Uno sguardo ai cinquant'anni che stanno alle spalle mostra con evidenza che questa istituzione viene a porsi a conclusione di un cammino che ha visto il concilio Vaticano II come iniziale propulsore perché la Chiesa riprendesse con vigore rinnovato il suo impegno di evangelizzazione. La permanente attualità che conserva l'Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI se, da una parte, mostra la costante attenzione della Chiesa alla sua missione impegnandola nel cambiamento dei tempi, dall'altra evidenzia che quanto è stato fatto fino a questo momento richiede un'ulteriore spinta in avanti per corrispondere in pieno al comando del Signore. Non è nostro compito soffermarci su un giudizio di quanto si è realizzato nelle diverse forme di pastorale in questi decenni. Ciò che a noi compete maggiormente è verificare, in prima istanza, la costante sollecitudine del magistero nel provocare la richiesta di una «nuova evangelizzazione». Così si espresse per la prima volta il 13 giugno 1979 a Nova Huta Giovanni Paolo II, e così desidera Benedetto XVI con il suo Motu proprio. Il prossimo Sinodo convocato per ottobre 2012 avrà come tema Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam. Il dibattito dei Padri sinodali, le Propositiones che saranno formulate e l'Esortazione apostolica del Santo Padre saranno inevitabilmente la tabella di marcia per il lavoro di questo Pontificio Consiglio. Inutile nascondersi, comunque, che proprio in vista della preparazione di quei momenti il nostro dicastero è chiamato a esercitare la sua funzione e svolgere il ruolo che gli compete.
In questo orizzonte si spiega la riunione che abbiamo voluto convocare per questi due giorni. Sono, anzitutto, grato a ciascuno di voi personalmente per avere aderito all'invito. Abbiamo cercato, per quanto possibile, di mantenere ristretto il numero dei partecipanti per favorire un dibattito e un confronto reciproco efficace, così da giungere più facilmente a una visione unitaria della problematica, per quanto sarà possibile. L'invito è stato esteso in modo da avere rappresentate diverse istanze di competenza e di area geografica anche se, come ogni scelta che si impone, pure questa è sottoposta a limiti inevitabili. Vi siamo fin da ora grati per l'apporto che darete nel focalizzare al meglio la problematica e aiutare questo dicastero a raggiungere una sintesi coerente.
Quale obiettivo vorremmo raggiungere da questo incontro? Semplicemente quello di avere un'idea più chiara di cosa si nasconde dietro l'espressione «nuova evangelizzazione». Uno sguardo veloce ai Lineamenta che sono stati presentati in questi giorni, infatti, mostra con tutta evidenza almeno venti «definizioni» diverse di nuova evangelizzazione. Se questo serve per il dibattito nelle comunità ecclesiali in modo da giungere a verificare le diverse esperienze in corso, può essere positivo; l'estensione troppo vasta, tuttavia, non credo possa aiutare per focalizzare al meglio il lavoro del dicastero e, per alcuni versi, della stessa Chiesa quando vuole impegnarsi a sviluppare la sua missione con maggior spirito missionario.
Dovremo superare un'ambiguità che si è venuta a creare nel corso dei mesi passati quando, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione, si è voluto identificare tout court la nuova evangelizzazione con esperienze quali il «cortile dei gentili». Sono due ambiti distinti e diversi; non solo per le competenze differenti dei dicasteri, ma per le finalità e i destinatari che si prefiggono. Benedetto XVI individua per noi il compito di una missione da svolgere presso i credenti che si sono allontanati dalla fede o sono indifferenti: «Tale missione ha assunto nella storia forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici. Nel nostro tempo, uno dei suoi tratti singolari è stato il misurarsi con il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo... si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale». Nuova evangelizzazione, quindi, non è come tale «prima evangelizzazione» e neppure «rievangelizzazione», come ebbe a dire Giovanni Paolo II ad Haiti il 9 marzo 1983. Per riprendere sempre il pensiero di Giovanni Paolo II nella Christifideles laici, essa è piuttosto la capacità di «Rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi Paesi e in queste nazioni» (n. 34). Lo sguardo del Papa, quindi, è rivolto verso quei paesi che conosciamo come l'Occidente, o il primo e secondo mondo dove il progresso economico, scientifico e tecnologico hanno messo in crisi il senso stesso di Dio e del suo valore per l'esistenza personale, vittima di quel processo di secolarismo che spinge a vivere nel mondo etsi deus non daretur. Anche se permane in molte Chiese un profondo senso religioso che si esprime in una vita di fede e di tradizioni religiose, queste non sono accompagnate da un altrettanto profondo sostegno dell'intelligenza in grado di comunicare la ricchezza dell'esperienza e del patrimonio della fede, verificando spesso allergia per queste forme e passaggio alle sette dove l'emotività e il fondamentalismo hanno la meglio.
Mi sembra necessario, pertanto, che il nostro obiettivo sia quello di focalizzare al massimo lo sforzo per l'individuazione più precisa dell'espressione, togliendola da quella genericità che possiede per renderla maggiormente efficace e coerente. In altri termini, sarà necessario per noi, per quanto possibile, tenere costantemente presenti alcuni interrogativi:

Chi è il soggetto della nuova evangelizzazione?

Quali contenuti peculiari possiede la nuova evangelizzazione?

Quali metodologie appronta la nuova evangelizzazione?

Chi è il destinatario della nuova evangelizzazione?

Come rapportarci alle diverse culture e tradizioni ecclesiali in cui si compie la nuova evangelizzazione?

Sono ben consapevole che gli interrogativi non possono trovare risposta immediata con l'esaustività che vorremmo. Questo, comunque, è l'inizio di un cammino non la fine. Per cercare di creare un contesto più favorevole alle nostre riflessioni, abbiamo pensato di articolare la problematica con tre introduzioni che desiderano ripercorrere l'orizzonte storico, in quanto la Chiesa nei momenti di maggior crisi culturale si è impegnata di fatto con una sempre nuova evangelizzazione; l'orizzonte epistemologico, in modo da creare un fondamento stabile e coerente con i contenuti che dovranno essere oggetto di evangelizzazione; infine, l'orizzonte pastorale, per verificare in quali condizioni e attraverso quali concrete azioni si può attuare con efficacia la nuova evangelizzazione.

(©L'Osservatore Romano 12 marzo 2011)

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